sabato 4 maggio 2013

Il ferro e l'acciaio durante l'Impero Romano


Nel Mediterraneo orientale il principale centro di produzione del ferro era l'Asia Minore. Nella Grecia continentale, durante il periodo miceneo, questo metallo era costoso quanto l’oro; ma dal decimo secolo a.C. esso fu prodotto su scala sempre più vasta fino a diventare gradualmente un metallo d’uso comune. Si ritiene che la saldatura del ferro (kollesis) sia stata inventata da Glauco di Chio, nel settimo secolo a.C. nella Laconia , in seguito famosa per il suo acciaio. Nelle città greche veniva  fucinato da specialisti che lo trasformavano in oggetti di uso locale.

Intorno al 900 a.C. gli Etruschi dell’Italia settentrionale intrapresero lo sfruttamento delle miniere di ferro dell’isola d’Elba e della Toscana, miniere in cui si può scorgere un potente fattore dell'espansione nell’antica Roma.


Dall’800 a.C. in poi l’uso del ferro per la costruzione di armi e di attrezzi si andò progressivamente diffondendo nell’Europa centrale. Il più antico centro metallurgico europeo del ferro fu l’Austria. Tuttavia, intorno al 400 a.C., il baricentro si era spostato verso le regioni celtiche e verso la Spagna. Alle tecniche di fabbricazione la civiltà classica aggiunse ben poco, ma lo sviluppo della produzione su larga scala e la specializzazione della manodopera si rivelarono fattori determinanti nell’evoluzione dell’industria.
 Ai tempi romani, prevalevano ancora i semplici forni a suola, riscaldati con carbone di legna. Il minerale, dopo essere stato arrostito, era mescolato con il carbone  e talvolta con un fondente; il riscaldamento ne provocava una riduzione e sul fondo si raccoglieva un blumo di ferro duro e spugnoso ricoperto con feccia o scoria liquida. Tale blumo era poi nuovamente riscaldato e battuto col maglio sino ad essere ridotto a una massa compatta. Normalmente, queste fucine per la produzione dei blumi erano costituite da un forno per l’arrostimento dei minerali, da un forno fusorio e da una forgia da fabbro. Quando si doveva ottenere il “ferro duro” o acciaio, si usava carbone di legna in pezzi più grossi e in maggior quantità, si prolungava il tempo di fusione e si riduceva il tiraggio fino a ottenere il grado di carburazione desiderato. II ferro dolce (ferro saldato) era ancora prodotto come in passato, e per ottenere pezzi di ferro più grossi si saldavano insieme quelli più piccoli. I Romani, con i loro forni a tino, suole e forge adattate per le varie operazioni, come la fusione, la carburazione e la saldatura, seppero abilmente perfezionare processi tramandati dai fabbri dell’antico Vicino Oriente e della Gallia.
In generale lo Stato romano era autosufficiente per quanto riguardava i metalli: soltanto alcuni prodotti speciali ,come l’acciaio serico e quello persiano, venivano importati. Oltre a queste costose  importazioni, rimaneva sempre l’antico processo di cementazione, che consentiva di ottenere, mediante carburazione in una forgia, uno strato esterno di acciaio sul ferro saldato. Non c’è dunque da meravigliarsi se durante l’impero romano, i fabbri erano talmente  importanti da essere riuniti in potenti corporazioni, come testimoniano degli antichi documenti.

http://masterschool.wikispaces.com/file/view/3_MetallurgiaMedioevale.pdf











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