lunedì 29 aprile 2013

I metalli nel mondo greco-romano

Nel mondo greco e romano la metallurgia non aveva un ruolo centrale perchè, in quanto il principale materiale da costruzione era il legno, e le tecniche utilizzate per la lavorazione dei metalli ricalcavano quelle dei popoli del Vicino Oriente.I Greci e i Romani apportarono soltanto due sostanziali modifiche: 
         
                  
     ·         La produzione del mercurio e il suo utilizzo per l’estrazione dell’oro;
     ·         La scoperta della lega rame-zinco, cioè dell’ottone.

La metallurgia di quest’epoca era ancora basata sull'utilizzo del carbone per la fusione dei metalli e ,probabilmente, la sua scarsezza  nell'Europa mediterranea influenzò lo sviluppo di questa disciplina.I Romani sfruttarono quasi esclusivamente giacimenti superficiali  poiché quelli più profondi richiedevano costi troppo elevati, a causa della manodopera in costante aumento. Più che innovatori nel campo della metallurgia, essi furono ottimi organizzatori: rilevarono le imprese di sfruttamento e di fusione elleniche e ne ampliarono la portata; stimolarono la suddivisione e la specializzazione del lavoro; crearono leggi minerarie.

Oro


Nella regione basca della Spagna i Romani organizzarono una produzione d’oro su larga scala, realizzando imponenti opere di ingegneria per il convogliamento e l’immissione di enormi quantitativi d’acqua alle falde aurifere, che venivano in tal modo disgregate. I processi sostanziali di affinamento, consistenti essenzialmente nella separazione dell’oro metallico dalla matrice , subirono nel complesso pochi mutamenti.
Ai più antichi procedimenti si aggiunse  quello dell' amalgamazione che utilizzava il mercurio, abbondantemente disponibile in Spagna. I minerali auriferi frantumati venivano trattati con questo metallo e l’amalgama che ne risultava veniva separata dalla ganga comprimendo il tutto in pelli; il mercurio infine veniva distillato. Tale procedimento ci viene descritto  da Plinio e fu comunemente praticato nel Medioevo.
Un altro metodo consisteva nell'estrazione dal rame, attraverso la liquefazione. Questo nuovo sistema per l’estrazione dell'oro venne in uso nel primo secolo a.C. e andò assumendo crescente importanza. Il rame contenente argento e oro veniva mescolato con una quantità di piombo pari a tre o quattro volte il proprio peso, e quindi fuso in pani. Durante questa operazione, la lega di argento e oro veniva incorporata dal piombo. Questo veniva poi lentamente fuso e suddiviso in pani, portando in tal modo l’argento e l'oro con sé e lasciando un pane poroso di rame.
La produzione di oro e di argento puro mediante tali procedimenti consentì agli antichi di legare i due metalli in proporzioni diverse per usi artistici e di altro genere; famoso fu “il bronzo di Corinto”, una lega di oro, argento e rame.

Argento e Piombo


Il piombo e l’argento venivano ottenuti in massima parte dalla fusione della galena (solfuro di piombo). Le tecniche d’arrostimento e di riduzione che si svilupparono nel Vicino Oriente si erano, nel periodo miceneo, propagate verso l’ovest: dall'Asia Minore a Greta, nell'Egeo e nella Grecia continentale.Nel Laurio, il piombo argentifero veniva estratto dalla galena mediante un procedimento risultante dalla combinazione dell’arrostimento e della fusione. La lega piombo-argento in tal modo ottenuta veniva poi concentrata. L’arrostimento trasformava la galena parte in litargirio e parte in solfato di piombo, mentre con la fusione, ottenuta aumentando la temperatura allorché si raggiungeva il giusto grado di desolforizzazione, si otteneva il piombo. Il trattamento veniva eseguito in forni primitivi costruiti con argilla e con pietre, che venivano poi utilizzate allorché il forno, dopo una vita relativamente breve, si disgregava. I primi risultati eccellenti furono ottenuti soltanto dopo grandi perdite subite durante le fasi preliminari del processo. Sebbene gli antichi fossero in grado di disargentare nel modo più efficace il piombo grezzo, l’estrazione di quest’ultimo dal minerale risultava molto dispendiosa, dato che una buona parte d’argento andava perduta con il piombo nelle scorie d’arrostimento e fusione iniziali.

Stagno, Antimonio e Arsenico


I metallurgisti greci e romani trovarono giacimenti di stagno poveri e di difficile sfruttamento. Le miniere della Spagna erano state sfruttate sin dagli albori dell’età del bronzo e furono mantenute in continua attività anche durante il periodo romano fino al loro esaurimento. Le miniere della Bretagna furono probabilmente abbandonate ben presto, a causa della concorrenza spagnola. Il metodo d’estrazione della stagno dal suo minerale (cassiterite, SnO2) subì soltanto lievi mutamenti. Quando si poteva ancora disporre di stagno alluvionale, il metallo era ottenuto mediante una semplice fusione con carbone di legna. Successivamente, la fusione fu fatta precedere da una calcinazione iniziale a una temperatura di 600-700 °C, allo scopo di eliminare i costituenti volatili quali lo zolfo a e l’arsenico. Durante la fusione, come fondente veniva generalmente usata la calce viva. Dall'esame dei resti degli antichi forni risulta che si riusciva ad ottenere un metallo di sorprendente purezza, ma soltanto a costo di notevoli perdite, sia nella scoria sia per effetto della volatilizzazione. Lo stagno fu principalmente utilizzato nella fabbricazione del bronzo, ma non molto meno importante furono le sue leghe col piombo, utilizzare come materiale di saldatura per molte applicazioni e  come peltro per vasellame e altri oggetti casalinghi.


Nel periodo che precedette l’età classica, l’antimonio era talvolta ottenuto mediante la semplice fusione della stibnite con carbone di legna e nell’era classica tale procedimento non subì alcun mutamento sostanziale. Nell’Europa preistorica spesso furono usati bronzi all’antimonio (Ungheria e Gallia); e anche nell’età classica il metallo trovò una certa utilizzazione nei bronzi, in sostituzione dello stagno. Insieme con l’arsenico, esso ebbe inoltre parte importante negli esperimenti degli antichi alchimisti.


L'arsenico, sotto forma di solfuro , si trova in natura generalmente associato con solfuri di altri metalli. Soltanto raramente, però, tale fatto costituisce un vantaggio, poiché l'arsenico ha un limitatissimo valore metallurgico e trasmette alle leghe la sua caratteristica fragilità. I composti dell’arsenico furono comunque ben noti come pigmenti e come ingredienti per la preparazione di ricette mediche e di veleni.


Rame e Bronzo

La maggior parte delle miniere di rame menzionate nella letteratura classica fornivano minerali di solfuro. Le migliori e più generose fonti furono Cipro, l’Asia Minore, la Macedonia, la Toscana (nei pressi di Volterra), II Tirolo, la Stiria, la Carinzia, La Cornovaglia, il Devon, l’Anglesey e infine la Spagna e il Portogallo, i cui giacimenti eclissarono tutti gli altri dei tempi romani.

Mentre dai minerali, ossidi e carbonati, il rame può essere estratto mediante una semplice fusione con carbone di legna, i trattamenti dei minerali di solfuro erano molto più complessi. Essi comprendevano tre fasi:

      1)      l’arrostimento;
    2)      la fusione (con aggiunta di appropriati fondenti), in modo da separare uno strato         superiore, costituito da scoria, e uno inferiore, costituito da metallina;
      3)      l’ossidazione della metallina che permetteva di eliminare le impurità.
                                                                                                         
La scelta dei fondenti  dipendeva dalle impurità del minerale. A Cipro i Romani usavano un fondente con notevole contenuto di manganese, a Rio Tinto vari tipi di quarzo, a Taso la calce. L’affinamento del rame era eseguito in un forno a cupola motto simile ad un normale forno per ceramiche. II rame affinato era distinto in vari tipi, come l’aes coronarium, che era in lamiera, l’aes regulare, che era quello più malleabile e l’aes caldarium, che era quello nero, più impuro. I Romani disposero che la lavorazione dell’oro e dell’argento fosse riservata esclusivamente allo Stato, mentre quella del ferro e del rame rimaneva libera.
Il rame e il bronzo romano divennero elementi importanti nel commercio mondiale e le monete di rame erano esportate nella Slesia, nella Prussia orientate e nella zona del Baltico. Anche le esportazioni di rame verso l’India attraverso il Mar Rosso ebbero grande impulso.
I Romani furono grandi organizzatori del lavoro . Le leggi minerarie della ricca miniera di Ajustrel in Spagna, oggi in nostro possesso, contengono i regolamenti sulle tasse e distinguono il lavoro nelle miniere in: estrazione, lavaggio, frantumazione, fusione, preparazione, rottura, separazione e affinamento. Gli scarichi delle miniere e i cumuli di detriti rocciosi erano soggetti a tassa. Nelle leggi sono menzionati molti esperti che godettero di notevoli privilegi, e che, come gli specialisti del rame e del bronzo, formavano potenti corporazioni. Analogamente, in Italia, nella fabbricazione di oggetti di rame e di bronzo, si pervenne a un notevole grado di specializzazione e di divisione del lavoro. A Capua, verso la fine dell’età repubblicana, esisteva un vero e proprio sistema produttivo di fabbrica, e grandi quantitativi di questi oggetti di rame e di bronzo, di fattura perfettamente uniforme, sono stati rinvenuti dappertutto in Italia e perfino in Germania, in Svezia e in Finlandia.


Ottone


Tutti gli ottoni dell’antichità erano prodotti mediante un processo di cementazione. Per ottenere lo zinco dalla calamina (miscuglio di vari minerali) è necessario raggiungere un’elevata temperatura (circa 1300 °C) con carbone di legna. Poiché tale temperatura è superiore al punto d’ebollizione del metallo, il vapore di quest’ultimo si separa e normalmente si riossida condensandosi poi sotto forma di ossido di zinco. Se però in un miscuglio di minerale di zinco polverizzato e carbone di legna si riscalda del rame, una parte dello zinco formatosi in prossimità del rame si diffonde su quest’ultimo formando uno strato di ottone.Sembra che gli ideatori di tale procedimento siano stati i Mossineci, popolo abitante nel Ponto a sud di Trebisonda, nel cui territorio vivevano molte  caste di fabbri come i Calibei. Le prime monete in ottone in realtà contenevano una bassa percentuale di zinco. Vere monete di ottone furono comunque coniate dall’imperatore Augusto e il loro contenuto di zinco, che inizialmente raggiungeva senz’altro il 17 per cento circa, andò gradualmente aumentando. Nondimeno l’ottone rimaneva relativamente costoso, e perfino diversi secoli più tardi, durante l’impero di Diocleziano (284-305), il suo valore era da sei a otto volte superiore a quello del rame. I centri più importanti delta sua produzione erano allora l’Etruria e il distretto di Stolberg , nei pressi di Aquisgrana, ove fra il 74 e il 77 d.C. erano stati scoperti alcuni giacimenti. Questo centro prosperò notevolmente fra il 150 e il 300 d.C., ma nel quarto secolo d. C. subì un declino. La produzione fu ripresa nel quinto secolo. I prodotti romani d’ottone erano esportati in Egitto e da qui in altre regioni dell’Africa, dove la lega era molto apprezzata. Cosma Indicopleuste (6° sec. d.C.) ci dice che ai suoi tempi gli indigeni dell’Abissinia consideravano ancora l’ottone più prezioso dell’argento. Ai tempi dei Romani, nella regione del Mar Rosso e nel regno abissino di Axum, esso costituiva uno dei più importanti mezzi di scambio.


http://masterschool.wikispaces.com/file/view/3_MetallurgiaMedioevale.pdf

Back to index












Nessun commento:

Posta un commento